Alessandro Ricci Avvocato Diritto Penale Roma
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Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274  
Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace

a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468.

(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 10 ottobre 2000 -Supplemento
ordinario n. 166)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;


Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;


Visto l'articolo 14 e seguenti della legge 24 novembre 1999, n. 468, che delega
il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto
legislativo concernente la competenza in materia penale del giudice di pace,
nonchè il relativo procedimento e l'apparato sanzionatorio dei reati ad esso
devoluti, unitamente alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
secondo i principi e i criteri direttivi previsti dagli articoli 15, 16 e 17;


Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 23 giugno 2000;


Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti del Senato della
Repubblica e della Camera dei deputati, a norma dell'articolo 21, comma 1, della
citata legge 24 novembre 1999, n. 468;


Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
25 agosto 2000;


Sulla proposta del Ministro della giustizia;


Emana
il seguente decreto legislativo:



Titolo I
PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
Capo I
Soggetti, giurisdizione e competenza


Art. 1.
Organi giudiziari nel procedimento penale davanti al giudice di pace


1. Svolgono funzioni giudiziarie nel procedimento penale davanti al giudice di
pace:
a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha
sede il giudice di pace;
b) il giudice di pace.


Art. 2.
Principi generali del procedimento davanti al giudice di pace



1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto
dal presente decreto, si osservano, in quanto applicabili, le norme contenute
nel codice di procedura penale e nei titoli I e II del decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271, ad eccezione delle disposizioni relative:
a) all'incidente probatorio;
b) all'arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto;
c) alle misure cautelari personali;
d) alla proroga del termine per le indagini;
e) all'udienza preliminare;
f) al giudizio abbreviato;
g) all'applicazione della pena su richiesta;
h) al giudizio direttissimo;
i) al giudizio immediato;
l) al decreto penale di condanna.


2. Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per quanto
possibile, la conciliazione tra le parti.





Art. 3.
Assunzione della qualità di imputato


1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la qualità di imputato la
persona alla quale il reato è attribuito nella citazione a giudizio disposta
dalla polizia giudiziaria o nel decreto di convocazione delle parti emesso dal
giudice di pace.


Art. 4.
Competenza per materia



  1. Il giudice di pace è competente:
    a) per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581, 582,
    limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di
    parte, 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad
    esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti
    commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul
    lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
    professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata
    superiore a venti giorni, 593, primo e secondo comma, 594, 595, primo e secondo
    comma, 612, primo comma, 626, 627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui
    all'articolo 639-bis, 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639bis, 633,
    primo comma, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis,
    635, primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis,
    637, 638, primo comma, 639 e 647 del codice penale;
    b) per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726, primo
    comma, e 731 del codice penale.


  2. Il giudice di pace è altresì competente per i delitti, consumati o tentati, e
    per le contravvenzioni previsti dalle seguenti disposizioni:
    a) articoli 25 e 62, terzo comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773,
    recante "Testo unico in materia di sicurezza";
    b) articoli 1095 [così rettificato con avviso su G.U. n. 119 del 24 maggio
    2001], 1096 e 1119 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, recante
    "Approvazione del testo definitivo del codice della navigazione";
    c) articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918,
    recante "Approvazione del testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi
    alpini";
    d) articoli 102 e 106 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957,


    n. 361, recante "Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei
    deputati";
    e) articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n.
    570, recante "Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli
    organi delle amministrazioni comunali";
    f) articolo 15, secondo comma, della legge 28 novembre 1965, n. 1329, recante
    "Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili";
    g) articolo 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante "Norme di riordino
    del settore farmaceutico";
    h) articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352, recante "Norme sui referendum
    previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo";
    i) articoli 3, terzo e quarto comma, 46, quarto comma e 65, terzo comma, del
    decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, recante "Nuove
    norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle
    ferrovie e di altri servizi di trasporto";
    l) articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n. 528, recante "Ordinamento del
    gioco del lotto e misure per il personale del lotto";
    m) articolo 17, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107, recante "Disciplina
    per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e
    per la produzione di plasmaderivati"; n) articolo 15, comma 3, del decreto
    legislativo 27 settembre 1991, n. 311, recante "Attuazione delle direttive n.
    87/404/CEE e n. 90/488/CEE in materia di recipienti semplici a pressione, a
    norma dell'articolo 56 della legge 29 dicembre 1990, n. 428";
    o) articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 313,
    recante "Attuazione della direttiva n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento
    delle legislazioni degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a
    norma dell'articolo 54 della legge 29 dicembre 1990, n. 428";
    p) articolo 7, comma 9, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, recante
    "Attuazione della direttiva n. 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole";
    q) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, e 189, comma 6, del decreto
    legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante "Nuovo codice della strada";
    r) articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507,
    recante "Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente il ravvicinamento
    delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici
    impiantabili attivi";
    s) articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46,
    recante "Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente i dispositivi
    medici".


  3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 è tuttavia del tribunale se
    ricorre una o più delle circostanze previste dagli articoli 1 del decreto-legge
    15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio
    1980, n. 15, 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del decreto-legge 26
    aprile
    1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.


  4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.



Art. 5.
Competenza per territorio


Per i reati indicati nell'articolo 4, competente per il giudizio è il giudice di
pace del luogo in cui il reato è stato consumato.


2. Competente per gli atti da compiere nella fase delle indagini preliminari è
il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è
compreso il giudice territorialmente competente.


Art. 6.
Competenza per materia determinata dalla connessione



  1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di
    competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel caso di persona imputata
    di più reati commessi con una sola azione od omissione.


  2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del giudice
    di pace e altri a quella della corte di assise o del tribunale, è competente per
    tutti il giudice superiore.


  3. La connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi, nè tra
    procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di
    un giudice speciale.



Art. 7.
Casi di connessione davanti al giudice di pace


1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti:
a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o
cooperazione fra loro;
b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od
omissione.


Art. 8.
Competenza per territorio determinata dalla connessione


1. Nei casi previsti dall'articolo 7, se i reati sono stati commessi in luoghi
diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al giudice di pace
del luogo in cui è stato commesso il primo reato. Se non è possibile determinare
in tal modo la competenza, questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui
è iniziato il primo dei procedimenti connessi.


Art. 9.
Riunione e separazione dei processi



  1. Nei casi previsti dall'articolo 7, prima di procedere all'udienza di
    comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi, quando
    questa non pregiudica la rapida definizione degli stessi.


  2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 7, il giudice di pace può
    ordinare la riunione dei processi quando i reati sono commessi da più persone in
    danno reciproco le une delle altre o quando più persone con condotte
    indipendenti hanno determinato l'evento o quando una persona è imputata di più
    reati commessi con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno
    criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giovi alla celerità e alla completezza
    dell'accertamento.


  3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e, comunque, non oltre la
    dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di pace ordina la
    separazione dei processi, qualora ritenga che la riunione possa pregiudicare il
    tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di alcuni fra i
    processi riuniti.



Art. 10.
Astensione e ricusazione del giudice di pace



  1. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace decide il presidente
    del tribunale.


  2. Sulla ricusazione del giudice di pace decide la Corte di appello.


  3. Il giudice di pace astenuto o ricusato è sostituito con altro giudice dello
    stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario.


  4. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 3, la corte o il
    tribunale rimette il procedimento al giudice di pace dell'ufficio più vicino.



Capo II
Indagini preliminari


Art. 11.
Attività di indagine



  1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria
    iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e
    per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero, con
    relazione scritta, entro il termine di quattro mesi.


  2. Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria enuncia nella
    relazione il fatto in forma chiara e precisa, con l'indicazione degli articoli
    di legge che si assumono violati, e richiede l'autorizzazione a disporre la
    comparizione della persona sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace.


  3. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha
    acquisito la notizia.



Art. 12.
Notizie di reato ricevute dal pubblico ministero


1. Salvo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico ministero se
prende direttamente notizia di un reato di competenza del giudice di pace ovvero
la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico
servizio, la trasmette alla polizia giudiziaria, perché proceda ai sensi
dell'articolo 11, impartendo, se necessario, le direttive. Il pubblico
ministero, se non ritiene necessari atti di indagine, formula l'imputazione e
autorizza la polizia giudiziaria alla citazione a giudizio dell'imputato.


Art. 13.
Autorizzazione del pubblico ministero al compimento di atti


1. La polizia giudiziaria può richiedere al pubblico ministero l'autorizzazione
al compimento di accertamenti tecnici irripetibili ovvero di interrogatori o di
confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini. Il pubblico
ministero, se non ritiene di svolgere personalmente le indagini o singoli atti,
può autorizzare la polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti. Allo
stesso modo provvede se viene richiesta l'autorizzazione al compimento di
perquisizioni e sequestri nei casi in cui la polizia giudiziaria non può
procedervi di propria iniziativa.


Art. 14.
Iscrizione della notizia di reato


1. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione della notizia di reato a
seguito della trasmissione della relazione di cui all'articolo 11, ovvero anche
prima di aver ricevuto la relazione fin dal primo atto di indagine svolto
personalmente.


Art. 15.
Chiusura delle indagini preliminari



  1. Ricevuta la relazione di cui all'articolo 11, il pubblico ministero, se non
    richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione e
    autorizzando la citazione dell'imputato.


  2. Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il pubblico ministero vi provvede
    personalmente ovvero si avvale della polizia giudiziaria, impartendo direttive o
    delegando il compimento di specifici atti.



Art. 16.
Durata delle indagini preliminari



  1. Il termine per la chiusura delle indagini preliminari è di quattro mesi
    dall'iscrizione della notizia di reato.


  2. Nei casi di particolare complessità, il pubblico ministero dispone, con
    provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini preliminari per un
    periodo di tempo non superiore a due mesi. Il provvedimento è immediatamente
    comunicato al giudice di pace di cui all'articolo 5, comma 2, che se non ritiene
    sussistenti, in tutto o in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico
    ministero, entro cinque giorni dalla comunicazione, dichiara la chiusura delle
    indagini ovvero riduce il termine indicato.


  3. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini indicati nei commi
    1 e 2 non possono essere utilizzati.



Art. 17.
Archiviazione



  1. Il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di archiviazione
    quando la notizia di reato è infondata, nonchè nei casi previsti dagli articoli
    411 del codice di procedura penale e 125
    del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonchè dall'articolo 34, commi 1
    e 2 del presente decreto. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente
    la notizia di reato, la documentazione
    relativa alle indagini espletate e i verbali compiuti davanti al giudice.


  2. Copia della richiesta è notificata alla persona offesa che nella notizia di
    reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di volere essere
    informata circa l'eventuale archiviazione. Nella richiesta è altresì precisato
    che nel termine di dieci giorni la persona offesa può prendere visione degli
    atti e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.
    Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa indica, a
    pena di inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto della
    richiesta o le ulteriori indagini necessarie.


  3. Il pubblico ministero provvede sempre a norma del comma 2, nei casi in cui la
    richiesta di archiviazione è successiva alla trasmissione del ricorso ai sensi
    dell'articolo 26, comma 2.


  4. Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto l'archiviazione,
    altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al pubblico ministero indicando
    le ulteriori indagini necessarie e fissando il termine indispensabile per il
    loro compimento ovvero disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero
    formuli l'imputazione.


  5. Quando è ignoto l'autore del reato si osservano le disposizioni di cui
    all'articolo 415 del codice di procedura penale.



Art. 18.
Assunzione di prove non rinviabili


1. Fino all'udienza di comparizione, il giudice di pace dispone, a richiesta di
parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per
il dibattimento. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 467, commi
2 e 3, del codice di procedura penale.


Art. 19.
Provvedimenti del giudice nel corso delle indagini



  1. Nel corso delle indagini e fino al deposito dell'atto di citazione a norma
    dell'articolo 29, comma 1, competente a disporre il sequestro preventivo e
    conservativo è il giudice di pace indicato nell'articolo 5, comma 2.


  2. Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla richiesta di archiviazione,
    sull'opposizione di cui all'articolo 263, comma 5, del codice di procedura
    penale, sulla richiesta di sequestro di cui all'articolo 368 del medesimo
    codice, nonchè sulla richiesta di riapertura delle indagini. Lo stesso giudice è
    altresì competente a decidere sulla richiesta di autorizzazione a disporre le
    operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di
    comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di altre forme di
    telecomunicazione, nonchè per i successivi provvedimenti riguardanti
    l'esecuzione delle operazioni e la conservazione della documentazione.



Capo III
Citazione a giudizio
Art. 20.
Citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria



  1. La polizia giudiziaria, sulla base dell'imputazione formulata dal pubblico
    ministero, cita l'imputato dinanzi al giudice di pace.


  2. La citazione contiene:
    a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad
    identificarlo;
    b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;
    c) l'imputazione formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle fonti di
    prova di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o
    consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena di inammissibilità,
    le circostanze su cui deve vertere l'esame;
    d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonchè del luogo, del
    giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non
    comparendo sarà giudicato in contumacia;
    e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che,
    in mancanza, sarà assistito da difensore di ufficio;
    f) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato
    presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e loro difensori
    hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.


  3. La citazione è notificata, a cura della polizia giudiziaria, all'imputato, al
    suo difensore e alla parte offesa almeno trenta giorni prima dell'udienza.


  4. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, da un ufficiale di
    polizia giudiziaria.


  5. La citazione a giudizio è depositata nella segreteria del pubblico ministero
    unitamente al fascicolo contenente la documentazione relativa alle indagini
    espletate, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano
    essere custoditi altrove.


  6. La citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se
    manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 2,
    lettere c), d) ed e).



Art. 21.
Ricorso immediato al giudice



  1. Per i reati procedibili a querela è ammessa la citazione a giudizio dinanzi
    al giudice di pace della persona alla quale il reato è attribuito su ricorso
    della persona offesa.


  2. Il ricorso deve contenere:
    a) l'indicazione del giudice;
    b) le generalità del ricorrente e, se si tratta di persona giuridica o di
    associazione non riconosciuta, la denominazione dell'ente, con l'indicazione del
    legale rappresentante;
    c) l'indicazione del difensore del ricorrente e la relativa nomina;
    d) l'indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il
    ricorrente conosca l'identità;
    e) le generalità della persona citata a giudizio;
    f) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita alla
    persona citata a giudizio, con l'indicazione degli articoli di legge che si
    assumono violati;
    g) i documenti di cui si chiede l'acquisizione;
    h) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonchè delle
    circostanze su cui deve vertere l'esame dei testimoni e dei consulenti tecnici;
    i) la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle
    persone citate a giudizio.


  3. Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona offesa o dal suo legale
    rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione della persona offesa è
    autenticata dal difensore.


  4. Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e terzo comma, e 121 del codice
    penale, il ricorso è sottoscritto, a seconda dei casi, dal genitore, dal tutore
    o dal curatore ovvero dal curatore speciale. Si osservano le disposizioni di cui
    all'articolo 338 del codice di procedura penale.


  5. La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione
    della querela.

Art. 22.
Presentazione del ricorso



  1. Il ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero mediante deposito di
    copia presso la sua segreteria, è presentato, a cura del ricorrente, con la
    prova dell'avvenuta comunicazione, nella cancelleria del giudice di pace
    competente per territorio nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto che
    costituisce reato.


  2. Se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato querela, deve
    farne menzione nel ricorso, allegandone copia e depositando altra copia presso
    la segreteria del pubblico ministero.


  3. Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace dispone l'acquisizione
    della querela in originale.


  4. Quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le diverse
    disposizioni che regolano la procedura ordinaria.



Art. 23.
Costituzione di parte civile


1. La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con la
presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione o di
risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti
alla costituzione di parte civile.


Art. 24.
Inammissibilità del ricorso


1. Il ricorso è inammissibile:
a) se è presentato oltre il termine indicato dall'articolo 22, comma 1;
b) se risulta presentato fuori dei casi previsti;
c) se non contiene i requisiti indicati nell'articolo 21, comma 2, ovvero non
risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;
d) se è insufficiente la descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti di
prova;
e) se manca la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.


Art. 25.
Richieste del pubblico ministero



  1. Entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso il pubblico ministero
    presenta le sue richieste nella cancelleria del giudice di pace.


  2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero
    presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il
    pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione altrimenti formula
    l'imputazione confermando o modificando l'addebito contenuto nel ricorso.



Art. 26.
Provvedimenti del giudice di pace



  1. Decorso il termine indicato nell'articolo 25, il giudice di pace, anche se il
    pubblico ministero non ha presentato richieste, provvede a norma dei commi 2, 3
    e 4.


  2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, il giudice di
    pace ne dispone la trasmissione al pubblico ministero per l'ulteriore corso del
    procedimento.


  3. Se il ricorso risulta presentato per un reato che appartiene alla competenza
    di altro giudice, il giudice di pace ne dispone, con ordinanza, la trasmissione
    al pubblico ministero.


  4. Se riconosce la propria incompetenza per territorio, il giudice di pace la
    dichiara con ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente che, nel termine di
    venti giorni, ha facoltà di reiterare il ricorso davanti al giudice competente.
    L'inosservanza del termine è causa di inammissibilità del ricorso.



Art. 27.
Decreto di convocazione delle parti



  1. Se non deve provvedere ai sensi dell'articolo 26, il giudice di pace, entro
    venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in udienza con decreto.


  2. Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono intercorrere
    più di novanta giorni.


    1. Il decreto contiene:
      a) l'indicazione del giudice che procede, nonchè del luogo, del giorno e
      dell'ora della comparizione;
      b) le generalità della persona nei cui confronti è stato presentato il ricorso,
      con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo sarà giudicato in
      contumacia;
      c) l'avviso che ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in


    2. mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio nominato nel decreto;
      d) la trascrizione dell'imputazione;
      e) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.
    3. Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del ricorrente, al
      pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo difensore almeno
      venti giorni prima dell'udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente notifica
      il decreto alle altre persone offese di cui conosca l'identità.


    4. La convocazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero
      se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma
      3, lettere a), b), c) e d).



Art. 28.
Pluralità di persone offese



  1. Il ricorso presentato da una fra più persone offese non impedisce alle altre
    di intervenire nel processo, con l'assistenza di un difensore e con gli stessi
    diritti che spettano al ricorrente principale.


  2. Le persone offese intervenute possono costituirsi parte civile prima della
    dichiarazione di apertura del dibattimento.


  3. La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto sia stato
    regolarmente notificato ai sensi dell'articolo 27, comma 4, equivale a rinuncia
    al diritto di querela ovvero alla remissione della querela, qualora sia stata
    già presentata.



Capo IV
Giudizio
Art. 29.
Udienza di comparizione



  1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione,
    il pubblico ministero o la persona offesa nel caso previsto dall'articolo 21,
    depositano nella cancelleria del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio
    con le relative notifiche.


  2. Fuori dei casi previsti dagli articoli 20 e 21, le parti che intendono
    chiedere l'esame dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonchè delle persone
    indicate nell'articolo 210 del codice di procedura penale, devono, a pena di
    inammissibilità, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di
    comparizione, depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle
    circostanze su cui deve vertere l'esame.


  3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio
    ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di pace, anche
    d'ufficio.


  4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la
    conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la
    conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a
    due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione di
    centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le
    dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non
    possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.


  5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione
    di querela o la rinuncia al ricorso di cui all'articolo 21 e la relativa
    accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione
    della querela.


  6. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento l'imputato può
    presentare domanda di oblazione.


  7. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se può procedersi
    immediatamente al giudizio, il giudice ammette le prove richieste escludendo
    quelle vietate dalla legge, superflue o
    irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti da inserire nel fascicolo per
    il dibattimento, provvedendo a norma dell'articolo 431 del codice di procedura
    penale. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo del dibattimento
    di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, della documentazione
    relativa all'attività di investigazione difensiva, nonchè della documentazione
    allegata al ricorso di cui all'articolo 21.


  8. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice autorizza
    ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o consulenti tecnici,
    escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente
    sovrabbondanti. La parte che omette la citazione decade dalla prova.



Art. 30.
Udienza di comparizione a seguito di ricorso al giudice da parte della persona offesa



  1. La mancata comparizione all'udienza del ricorrente o del suo procuratore
    speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per caso fortuito o forza
    maggiore determina l'improcedibilità del ricorso, salvo che l'imputato o la
    persona offesa intervenuta e che abbia presentato querela chieda che si proceda
    al giudizio.


  2. Con l'ordinanza con cui dichiara l'improcedibilità del ricorso ai sensi del
    comma 1, il giudice di pace condanna il ricorrente alla rifusione delle spese
    processuali, nonchè al risarcimento dei danni in favore della persona citata in
    giudizio che ne abbia fatto domanda.


  3. Se il reato contestato nell'imputazione non rientra tra quelli per cui è
    ammessa la citazione a giudizio su istanza della persona offesa, il giudice di
    pace trasmette gli atti al pubblico ministero,salvo che l'imputato chieda che si
    proceda ugualmente al giudizio.



Art. 31.
Fissazione di nuova udienza a seguito di impossibilità a comparire



  1. In caso di dichiarazione di improcedibilità ai sensi dell'articolo 30, comma
    1, il ricorrente può presentare istanza di fissazione di nuova udienza se prova
    che la mancata comparizione è stata dovuta a caso fortuito o a forza maggiore.


  2. L'istanza è presentata al giudice di pace entro dieci giorni dalla cessazione
    del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. Il termine è stabilito a
    pena di decadenza.


  3. Se accoglie l'istanza, il giudice di pace convoca le parti per una nuova
    udienza ai sensi dell'articolo 27, invitando il ricorrente a provvedere alle
    notifiche a norma del comma 4 dello stesso articolo.


  4. Contro il decreto motivato che respinge la richiesta di fissazione di nuova
    udienza può essere proposto ricorso al tribunale in composizione monocratica,
    che decide con ordinanza inoppugnabile.



Art. 32.
Dibattimento



  1. Sull'accordo delle parti, l'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti
    tecnici e delle parti private può essere condotto dal giudice sulla base delle
    domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.


  2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente
    necessario, può disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova,
    compresi quelli relativi agli atti acquisiti a norma dell'articolo 29, comma 7.


  3. Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in forma riassuntiva.


  4. La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata e
    depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il
    giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale.


  5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta dal presidente
    del tribunale, previa menzione della causa di sostituzione.



Art. 33.
Sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare



  1. Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna alla pena della ermanenza
    domiciliare, l'imputato o il difensore munito di procura speciale possono
    chiedere l'esecuzione continuativa della pena.


  2. Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo della permanenza
    domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilità, indica nella sentenza il
    tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità che può essere richiesto
    dall'imputato o dal difensore munito di procura speciale.


  3. Nel caso in cui l'imputato o il difensore formulino le richieste di cui ai
    commi 1 e 2, il giudice può fissare una nuova udienza a distanza di non più di
    dieci giorni, sempre che sussistano giustificati motivi.


  4. Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo della sentenza e ne
    dà lettura.



Capo V
Definizioni alternative del procedimento
Art. 34.
Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto



  1. Il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all'interesse tutelato,
    l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonchè la sua
    occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio
    dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso
    del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di
    salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato.


    1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto
      d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, solo


    2. se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del
      procedimento.
  2. Se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità del fatto può
    essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si
    oppongono.



Art. 35.
Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie



  1. Il giudice di pace, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara
    con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel dispositivo, quando
    l'imputato dimostra di aver proceduto, prima dell'udienza di comparizione, alla
    riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il
    risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.


  2. Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di cui al
    comma 1, solo se ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a
    soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione.


  3. Il giudice di pace può disporre la sospensione del processo, per un periodo
    non superiore a tre mesi, se l'imputato chiede nell'udienza di comparizione di
    poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e dimostri di non averlo
    potuto fare in precedenza; in tal caso, il giudice può imporre specifiche
    prescrizioni.


  4. Con l'ordinanza di sospensione, il giudice incarica un ufficiale di polizia
    giudiziaria o un operatore di servizio sociale dell'ente locale di verificare
    l'effettivo svolgimento delle attività risarcitorie e riparatorie, fissando
    nuova udienza ad una data successiva al termine del periodo di sospensione.


  5. Qualora accerti che le attività risarcitorie o riparatorie abbiano avuto
    esecuzione, il giudice, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara
    con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo.


  6. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il giudice dispone la
    prosecuzione del procedimento.



Capo VI
Disposizioni sulle impugnazioni
Art. 36.
Impugnazione del pubblico ministero



  1. Il pubblico ministero può proporre appello contro le sentenze di condanna del
    giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria e contro le
    sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa.


  2. Il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze
    del giudice di pace.



Art. 37.
Impugnazione dell'imputato



  1. L'imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di
    pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può proporre appello
    anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo
    relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno.


  2. L'imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di condanna
    del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze
    di proscioglimento.



Art. 38.
Impugnazione del ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato



  1. Il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato a norma
    dell'articolo 21 può proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro la
    sentenza di proscioglimento del giudice di pace negli stessi casi in cui è
    ammessa l'impugnazione da parte del pubblico ministero.


  2. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l'impugnazione, il
    ricorrente è condannato alla rifusione delle spese processuali sostenute
    dall'imputato e dal responsabile civile.
    Se vi è colpa grave, il ricorrente può essere condannato al risarcimento dei
    danni causati all'imputato e al responsabile civile.



Art. 39.
Giudizio di appello



  1. Competente per il giudizio di appello è il tribunale del circondario in cui
    ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza impugnata. Il
    tribunale giudica in composizione monocratica.


  2. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di procedura penale,
    il giudice d'appello dispone l'annullamento della sentenza impugnata, disponendo
    la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l'imputato,
    contumace in primo grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito
    o per forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del provvedimento di
    citazione a giudizio, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua
    colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato
    notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159,
    161, comma 4, e 169 del codice di procedura penale, non si sia sottratto
    volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.

Capo VII
Disposizioni sull'esecuzione
Art. 40.
Giudice dell'esecuzione



  1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione
    di un provvedimento è il giudice di pace che l'ha emesso.


  2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da diversi giudici di pace,
    è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per
    ultimo.


  3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da altro giudice
    ordinario, è competente in ogni caso quest'ultimo.


  4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da un giudice
    speciale, è competente per l'esecuzione il tribunale in composizione collegiale
    nel cui circondario ha sede il giudice di pace.


  5. Il giudice indicato nei commi da 1 a 4 è competente anche se il provvedimento
    da eseguire è stato comunque riformato.



Art. 41.
Procedimento di esecuzione



  1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di esecuzione davanti al
    giudice di pace si osservano le disposizioni di cui all'articolo 666 del codice
    di procedura penale.


  2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara inammissibile la richiesta
    formulata nel procedimento di esecuzione e contro l'ordinanza che decide sulla
    richiesta, l'interessato può proporre, entro quindici giorni dalla notifica del
    provvedimento, ricorso per motivi di legittimità al tribunale in composizione
    monocratica nel cui circondario ha sede il giudice di pace.


  3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si osservanole
    disposizioni di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale.



Art. 42.
Esecuzione delle pene pecuniarie


1. Le condanne a pena pecuniaria si eseguono a norma dell'articolo 660 del
codice di procedura penale, ma l'accertamento della effettiva insolvibilità del
condannato è svolto dal giudice di pace
competente per l'esecuzione che adotta altresì i provvedimenti in ordine alla
rateizzazione, ovvero alla conversione della pena pecuniaria.


Art. 43.
Esecuzione della pena della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità



  1. La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a cura della
    cancelleria al pubblico ministero del circondario ove ha sede l'ufficio del
    giudice individuato in base all'articolo 40.


  2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione, lo trasmette
    immediatamente, unitamente all'estratto della sentenza di condanna contenente le
    modalità di esecuzione della pena, all'ufficio di pubblica sicurezza del comune
    in cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando dell'Arma dei
    carabinieri territorialmente competente.


  3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma che precede, l'organo di
    polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alle
    prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato sia detenuto o internato,
    copia dell'ordine di esecuzione è notificato altresì al direttore dell'istituto
    o della sezione il quale informa anticipatamente l'organo di polizia della
    dimissione del condannato. In tal caso, la pena comincia a decorrere dal 
    primo giorno di permanenza domiciliare o di lavoro sostitutivo successivo 
    a quello della dimissione.

Art. 44.
Modifica delle modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro
di pubblica utilità



  1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di cui
    all'articolo 53, comma 3, eventualmente imposto, nonchè del lavoro di pubblica
    utilità, stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono essere modificate
    per motivi di assoluta necessità dal giudice osservando le disposizioni
    dell'articolo 666 del codice di procedura penale.


  2. La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione delle pene; in caso di
    assoluta urgenza, le modifiche possono essere adottate con provvedimento
    provvisorio revocabile nelle fasi successive del procedimento.



Art. 45.
Certificati del casellario giudiziale richiesti dal privato


1. Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a norma dell'articolo
689 del codice di procedura penale non sono riportate le iscrizioni relative
alle sentenze emesse dal giudice di pace.


Art. 46.
Eliminazione dal casellario giudiziale delle iscrizioni relative a sentenze del
giudice di pace in materia penale


1. Fermo quanto previsto dall'articolo 687 del codice di procedura penale, sono
altresì eliminate le iscrizioni relative:
a) alle sentenze del giudice di pace di proscioglimento per difetto di
imputabilità, trascorsi tre anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta
irrevocabile;
b) alle sentenze del giudice di pace di condanna, trascorsi cinque anni dal
giorno in cui la sanzione è stata eseguita se è stata inflitta la pena
pecuniaria, o dieci anni se è stata inflitta una pena diversa sempre che nei
periodi indicati non sia stato commesso un ulteriore reato.



Capo VIII
Norme di coordinamento e di attuazione
Art. 47.
Modifica all'articolo 6 del codice di procedura penale


1. Nell'articolo 6 del codice di procedura penale, dopo le parole: "alla
competenza della corte di assise" sono aggiunte le seguenti: "o del giudice di
pace.".


Art. 48.
Competenza del giudice di pace dichiarata da altro giudice


1. In ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene che il reato
appartiene alla competenza del giudice di pace, lo dichiara con sentenza e
ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Le prove acquisite dal giudice incompetente sono utilizzabili nel processo
davanti al giudice di pace.


Art. 49.
Citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria



  1. Ai fini dell'emissione della citazione a giudizio di cui all'articolo 20, il
    pubblico ministero richiede al giudice di pace di indicare il giorno e l'ora
    della comparizione.


  2. La richiesta del pubblico ministero e l'indicazione del giudice di pace sono
    comunicate anche con mezzi telematici.



Art. 50.
Delegati del procuratore della Repubblica nel procedimento penale davanti al
giudice di pace



  1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni del pubblico
    ministero possono essere svolte, per delega del procuratore della Repubblica
    presso il tribunale ordinario:
    a) nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori
    onorari addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da
    coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari, o da laureati in
    giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di
    specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto
    legislativo 17 novembre 1997, n. 398;
    b) per gli atti del pubblico ministero previsti dagli articoli 15 e 25, da vice
    procuratori onorari addetti all'ufficio;
    c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'articolo 127 del codice di
    procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui
    all'articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di pposizione
    al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti,
    consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio
    1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio.


  2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in relazione ad una
    determinata udienza o a un singolo procedimento.


  3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale
    prevede la sostituzione del pubblico ministero.


  4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 162, commi 1, 3 e 4, del
    decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.



Art. 51.
Disposizioni regolamentari e sulla tenuta dei registri



  1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
    agosto 1988, n. 400, entro centocinquanta giorni dalla pubblicazione del
    presente decreto legislativo, il Ministro della giustizia adotta le disposizioni
    regolamentari relative ai procedimenti penali davanti al giudice di pace, che
    concernono:
    a) le modalità di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici giudiziari;
    b) il rilascio da parte degli uffici dei giudici di pace dei certificati del
    casellario giudiziale di cui all'articolo 689 del codice di procedura penale;
    c) le altre attività necessarie per l'attuazione del presente decreto
    legislativo.


  2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto nel comma 1 è reso
    entro trenta giorni dalla richiesta.


  3. La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei registri e delle altre
    forme di registrazione in materia penale è adottata con decreto del Ministro
    della giustizia.

Titolo II
SANZIONI APPLICABILI DAL GIUDICE DI PACE
Art. 52.
Sanzioni



  1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali è
    prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad applicarsi le
    pene pecuniarie vigenti.


    1. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le pene sono così
      modificate:


    2. a) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto
      alternativa a quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria
      della specie corrispondente da lire cinquecentomila a cinque milioni; se la pena
      detentiva è superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena
      pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni
      ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a
      tre mesi;
      b) quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto, si
      applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione a
      cinque milioni o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a
      quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti
      giorni a sei mesi;
      c) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto
      congiunta con quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria
      della specie corrispondente da lire un milione e cinquecentomila a cinque
      milioni o la pena della permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque
      giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese a sei mesi.
  2. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice applica la pena
    della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilità, salvo che
    sussistano circostanze attenuanti
    ritenute prevalenti o equivalenti.


  3. La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato è punito con la
    sola pena pecuniaria nonchè nell'ipotesi indicata nel primo periodo della
    lettera a) del comma 2.



Art. 53.
Obbligo di permanenza domiciliare



  1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere presso la
    propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di
    cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e domenica; il giudice,
    avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del
    condannato, può disporre che la pena venga eseguita in giorni diversi della
    settimana ovvero, a richiesta del condannato, continuativamente.


  2. La durata della permanenza domiciliare non può essere inferiore a sei giorni
    nè superiore a quarantacinque; il condannato non è considerato in stato di
    detenzione.


  3. Il giudice può altresì imporre al condannato, valutati i criteri di cui
    all'articolo 133, comma secondo, del codice penale, il divieto di accedere a
    specifici luoghi nei giorni in cui non è obbligato alla permanenza domiciliare,
    tenuto conto delle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del
    condannato.


  4. Il divieto non può avere durata superiore al doppio della durata massima
    della pena della permanenza domiciliare e cessa in ogni caso quando è stata
    interamente scontata la pena della permanenza domiciliare.



Art. 54.
Lavoro di pubblica utilità



  1. Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità solo
    su richiesta dell'imputato.


    1. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a dieci giorni nè
      superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di attività non retribuita in


    2. favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province,
      i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.
  2. L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il
    condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale
    da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di
    studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo
    richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per
    un tempo superiore alle sei ore settimanali.


  3. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto
    ore.


  4. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità
    consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.


  5. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalità di svolgimento del
    lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della giustizia con
    decreto d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
    legislativo 28 agosto 1997, n. 281.



Art. 55.
Conversione delle pene pecuniarie



  1. Per i reati di competenza del giudice di pace, la pena pecuniaria non
    eseguita per insolvibilità del condannato si converte, a richiesta del
    condannato, in lavoro sostitutivo da svolgere per un periodo non inferiore ad un
    mese e non superiore a sei mesi con le modalità indicate nell'articolo 54.


  2. Ai fini della conversione un giorno di lavoro sostitutivo equivale a lire
    venticinquemila di pena pecuniaria.


  3. Il condannato può sempre far cessare la pena del lavoro sostitutivo pagando
    la pena pecuniaria, dedotta la somma corrispondente alla durata del lavoro
    prestato.


  4. Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo conseguente alla
    conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora eseguito si
    converte nell'obbligo di permanenza domiciliare secondo i criteri di ragguaglio
    indicati nel comma 6.


  5. Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le pene
    pecuniarie non eseguite per insolvibilità si convertono nell'obbligo di
    permanenza domiciliare con le forme e nei modi previsti dall'articolo 53, comma
    1, in questo caso non è applicabile al condannato il divieto di cui all'articolo
    53, comma 3.


  6. Ai fini della conversione un giorno di permanenza domiciliare equivale a lire
    cinquantamila di pena pecuniaria e la durata della permanenza non può essere
    superiore a quarantacinque giorni.



Art. 56.
Violazione degli obblighi



  1. Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai luoghi in cui è
    obbligato a permanere o che non si reca nel luogo in cui deve svolgere il lavoro
    di pubblica utilità o che lo abbandona è punito con la reclusione fino ad un
    anno.


  2. Alla stessa pena soggiace il condannato che viola reiteratamente senza giusto
    motivo gli obblighi o i divieti inerenti alle pene della permanenza domiciliare


    o del lavoro di pubblica utilità.


  3. In caso di condanna non sono applicabili le sanzioni sostitutive previste
    dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 57.
Competenza


1. La competenza per il delitto di cui all'articolo 56 è attribuita al tribunale
in composizione monocratica.


Art. 58.
Effetti delle sanzioni e criteri di ragguaglio



  1. Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e
    il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie
    corrispondente a quella della pena originaria.


  2. Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire un ragguaglio tra la
    pena detentiva e le pene di cui agli articoli 53 e 54, un giorno di pena
    detentiva equivale a due giorni di permanenza domiciliare o tre giorni di lavoro
    di pubblica utilità.


  3. Un giorno di pena detentiva equivale a lire settantacinquemila di pena
    pecuniaria irrogata in luogo della pena detentiva a norma dell'articolo 52.


  4. In deroga a quanto stabilito nell'articolo 78, primo comma, numero 3), del
    codice penale, la pena della multa o dell'ammenda non può comunque eccedere la
    somma di lire quindici milioni, ovvero la somma di lire sessanta milioni se il
    giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel secondo comma
    dell'articolo 133-bis dello stesso codice.



Art. 59.
Controllo sull'osservanza delle sanzioni dell'obbligo di permanenza domiciliare
e del lavoro di pubblica utilità


1. L'ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione della pena o, in
mancanza dell'ufficio di pubblica sicurezza, il comando dell'Arma dei
carabinieri territorialmente competente effettua il controllo sull'osservanza
degli obblighi connessi alla pena dell'obbligo di permanenza domiciliare o del
lavoro di pubblica utilità con le modalità stabilite dall'articolo 65, commi
primo e secondo, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto applicabile.


Art. 60.
Esclusione della sospensione condizionale della pena


1. Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice penale,
relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene
irrogate dal giudice di pace.


Art. 61.
Interruzione della prescrizione


1. Il corso della prescrizione per i reati attribuiti alla cognizione del
giudice di pace è interrotto, oltre che dagli atti indicati nell'articolo 160
del codice penale, dalla citazione a giudizio disposta dalla polizia
giudiziaria, dal decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.


Art. 62.
Inapplicabilità delle altre misure sostitutive della detenzione


1. Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24
novembre 1981, n. 689, non si applicano ai reati di competenza del giudice di
pace.






Titolo III
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 63.
Norme applicabili da parte di giudici diversi



  1. Nei casi in cui i reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, sono giudicati
    da un giudice diverso dal giudice di pace, si osservano le disposizioni del
    titolo II del presente decreto legislativo, nonchè, in quanto applicabili, le
    disposizioni di cui agli articoli 33, 34, 35, 43 e 44.


  2. Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a norma dell'articolo
    689 del codice di procedura penale non sono riportate le iscrizioni relative ai
    reati di cui al comma 1; si osservano, altresì, le disposizioni dell'articolo 46.

Art. 64.
Norma transitoria



  1. Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti
    relativi ai reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, commessi dopo la sua
    entrata in vigore.


  2. Ferma l'applicabilità dell'articolo 2, comma terzo, del codice penale, nei
    procedimenti relativi a reati commessi prima della data di entrata in vigore del
    presente decreto legislativo si osservano le disposizioni dell'articolo 63,
    commi 1 e 2; quando si tratta di reati commessi dopo la pubblicazione del
    presente decreto si osservano anche le disposizioni del titolo I se alla data di
    entrata in vigore non è ancora avvenuta l'iscrizione della notizia di reato.



Art. 65.
Entrata in vigore


1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il centottantesimo giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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